La dismissione delle partecipazioni pubbliche non strategiche degli Enti Locali si infrange contro il muro delle (mancate) procedure ad evidenza pubblica?

Spending

Si riportano due contrastanti pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti in tema di dismissione delle partecipazioni di società di beni e servizi  detenute dalle Pubbliche Amministrazioni e dalle stesse ritenute non indispensabili (L. 24 dicembre 2007, n. 244; L. 27 dicembre 2013, n. 147; L. 3 dicembre 2014, n. 190).

Nella prima deliberazione (sezione di controllo delle Marche, 2014), secono la quale l’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica è condizione indispensabile per la cassazione e la successiva liquidazione delle partecipazioni  (“ritiene il Collegio come non possa revocarsi in dubbio che il previo esperimento della procedura di evidenza pubblica si connoti quale fase indefettibile volta, per un verso, all’alienazione della partecipazione secondo meccanismi concorrenziali e, per altro, al prodursi – laddove infruttuosa – dell’effetto preclusivo rispetto al mantenimento della partecipazione medesima donde la liquidazione in denaro del valore della quota. Ne consegue che l’Ente procedente – alla cui discrezionalità è, peraltro, rimessa l’individuazione del metodo di valutazione della partecipazione (metodo patrimoniale, reddituale o finanziario) più congruo alla luce di tutti gli elementi di fatto a tal fine rilevanti nonché la scelta, che del pari dovrà trovare evidenza in idonea motivazione, di conferire apposito incarico esterno – non potrà prescinderne giacchè, in difetto, non potrà considerarsi perfezionata la fattispecie estintiva“).

Viceversa la seconda (sezione di controllo del Friuli Venezia Giulia, 2015), pur convenendo con l’orientamento della Sezione delle Marche quanto alla natura di recesso sui generis e extra ordinem dell’istituto introdotto dal Legislatore, sembrerebbe individuare la deliberazione dell’Assemblea dei Soci quale unico presupposto del diritto della PA alla liquidazione, indipendentemente dall’esperimento o meno delle prescritte procedure ad evidenza pubblica (“A tal fine, una volta che l’ente pubblico, esercitando la propria discrezionalità, abbia qualificato come non più strettamente indispensabile la presenza nel capitale di società estranee alle proprie finalità istituzionali, nell’ambito delle previsioni dell’art. 3, commi 27-29, della legge 244/2007, come integrato dall’art. 1 comma 569 della legge 147/2013, qualora per qualsiasi causa non sia riuscito a dismettere la propria partecipazione, potrà farsi liquidare dalla società partecipata il valore del suo investimento in base ai criteri fissati dall’art.2437-ter, secondo comma, del codice civile“).

Continua a leggere